Etichetta pomodoro, firmato il decreto: al via l’obbligo di origine per conserve, sughi pronti, concentrati e altri prodotti derivati. Bisognerà indicare dove viene coltivato e dove viene trasformato
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Etichettatura di origine per pomodoro e derivati: vita dura per il cibo Made in Cina
Il Governo Italiano alza il muro contro cibo e alimenti stranieri, specialmente quelli di importazione cinese. Da ora in poi, tutti i prodotti derivati ovvero salse, concentrati e passate di pomodoro dovranno indicare l’origine del prodotto. Questo significa che c’è l’obbligo di etichettatura, allo scopo di stabilire dove l’ortaggio è stato coltivato e dove ha subito la successiva lavorazione per essere trasformato nei suoi derivati. La norma è entrata in vigore subito dopo la firma del decreto interministeriale del Ministro delle Politiche Agricole e del Ministro dello Sviluppo Economico Maurizio Martina e Carlo Calenda.
Come funzione l’obbligo di origine in etichetta per pomodoro e derivati
Questo provvedimento sarà sperimentato per due anni, come già previsto per l’etichetta di origine di altri prodotti, ovvero di latte e derivati lattiero-caseari e prodotti come pasta e riso. Il decreto si deve applicare per i prodotti come conserve e concentrato di pomodoro, oltre che a sughi e salse pronte composte almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Le confezioni prodotte in Italia devono avere indicato in etichetta il nome del Paese di coltivazione e di trasformazione del pomodoro stesso. Qualora una o entrambe le due fasi avvengano in più nazioni, si possono utilizzare diciture come Paesi UE e NON UE, ma devono essere riportate obbligatoriamente nel prodotto in un punto visibile ed essere leggibili, facilmente riconoscibili e soprattutto indelebili. Nessun problema se il tutto avviene in territorio italico, visto che si può scrivere semplicemente Origine del pomodoro: Italia.
Perché vige l’obbligo di origine in etichetta per pomodoro e derivati
Ci sarà una fase di transizione per consentire alle aziende di adeguarsi al nuovo sistema e poter smaltire completamente le etichette e le confezioni già prodotte. Il decreto non è che l’ennesima attuazione in Italia di un regolamento della UE, precisamente dell’articolo 26, paragrafo 3, n. 1169/2011 che regola i casi in cui si debba indicare il paese di origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario utilizzato per la preparazione ( in questo caso, il pomodoro). Il Belpaese si è adeguato, auspicando che anche le altre nazioni della UE facciano altrettanto in virtù della trasparenza delle informazioni al consumatore. L’associazione degli industriali e la Coldiretti esultano, visto che sono queste enti ad aver denunciato che il 36% dei prodotti a base di pomodoro spacciati per Made in Italy nel 2016 sono di provenienza cinese.