Le Langhe, meraviglioso territorio collocato in provincia di Cuneo, poco più in su della Liguria, sono tipicamente terra di grandi vigneti e, di conseguenza, anche di vini eccellenti. E i paesaggi non sono da meno, con dei meravigliosi castelli medievali e del Rinascimento tutti da scoprire, in tour turistico che è in grado di farvi innamorare in men che non si dica.
Tra i vini delle Langhe più conosciuti troviamo certamente l’Alba DOC. Una produzione che è sorta nel 2010 con l’intento di garantire un vino DOC anche in aree in cui non è consentito produrre Roero, Barbaresco e Barolo. In realtà, questo vino non è così diffuso, dal momento che, con le medesime uve, si possono realizzare dei vini DOC con denominazioni certamente più note, come ad esempio il Langhe Nebbiolo.
La storia del Barbaresco
Il vino Barbaresco è senz’altro uno di quelli più famosi e prestigiosi delle Langhe, una vera e propria prelibatezza per tutti gli intenditori. Il suo nome deriva dalla località che si trova a pochi chilometri da Neviglie. Tra le sue principali caratteristiche dal punto di vista organolettico troviamo tonalità eleganti e delicate, con una ricchezza di fragranze non indifferente.
Uno degli aspetti più importanti da considerare per comprendere fino in fondo il legame di questi vini con il territorio è studiare la composizione dei terreni che ospitano i vari vitigni. In pochi probabilmente sanno che sono degli antichi fondali marini che, con il passare dei secoli, si sono sollevati e poi accartocciati tra loro, con una composizione suddivisa tra arenarie, argille e sedimenti.
Un altro fattore condizionante questi vitigni è certamente quello climatico. In queste zone c’è spesso il sole, mentre il livello di piovosità è certamente alto, ma non va oltre certi limiti. In questo modo, si va a scongiurare qualsiasi tipo di problema relativa ad un’acidificazione troppo alta dell’uva. Il vitigno usato è solamente uno, ovvero il Nebbiolo.
I vini delle Langhe, di conseguenza, si possono considerare come una vera e propria esplosione di elementi, che sono condensati in una sola varietà d’uva. Le tecniche di cantina, poi, sono differenti, in alcuni casi anche in modo marcato, tra i vari produttori. Per fare in modo di raggiungere un buon risultato, la cosa più importante è quella di far fermentare per un certo periodo il vino all’interno di una botte di legno.
La botte di legno può essere sia appartenente alla tipologia francese, e in questo caso si parla di barrique, sia in rovere di Slavonia. Per quanto riguarda la durata della fermentazione e la dimensioni delle botti, si tratta di altri elementi che variano notevolmente da produttore a produttore e che vanno chiaramente a influenzare il “risultato” finale.
Alla scoperta del Moscato
Il Moscato, invece, è un vino aromatico, che presenta come principali caratteristiche il fatto di avere delle fragranze muschiate, con delle note di fiori, salvia e frutta gialla. La sua coltivazione in questa zona risale addirittura al Rinascimento: attenzione, però, a non fare confusione con lo spumante che porta lo stesso nome. Questo vino può essere abbinato non solamente ai dolci, ma anche a diversi piatti salati, in modo particolare quelli ricchi di spezie.
Dal punto di vista storico, il Moscato d’Asti si caratterizza per “nascere” nell’area di Canelli, nel Medioevo, per poi conoscere una larga diffusione in tutto il resto del territorio. Il riconoscimento come DOC è stato certificato nel 1967, mentre quello di vino DOCG solamente nel 1993.